Eccomi di nuovo a condividere con voi considerazioni che mi stanno
accompagnando in questo mese verso le elezioni.
La scorsa settimana sono stata a Londra per salutare gli amici che ho lasciato
in terre straniere e come spesso accade queste sono occasioni dove si fanno
confronti ci si pone domande e naturalmente emergono differenze.
Perchè si ha sempre la sensazione che all'estero le cose funzionino meglio
più servizi, più trasparenza, più etica civile e profesionale.
Come è accaduto che in Italia tutti noi ci siamo fatti trascinare nella
pigrizia e nell'ignoranza dell'illegalità e mancanza di valori civili ed etici?
E sono l'unica che se ne vergogna?
Questo degrado sociale ha comportato da un lato un' emigrazione di persone
che vogliono vivere nell'onestà ed in una 'buona' società e dall'altro un
depauperimento e sconforto nelle persone oneste che decidono di restare.
Di seguito vi propongo testimonianze dell'effetto di questa povertà sociale
italiana sia su persone che hanno deciso di partire sia su quelle che
hanno deciso di restare.
Loriana
Sono un
architetto, ho studiato a Bari e da 5 anni vivo a Roma dove ho frequentato una
scuola di specializzazione con l’obiettivo di trovare uno studio in cui
lavorare, cosciente del fatto che un rimborso spese di poche centinaia di euro
a Natale e in estate, fossero meglio del nulla totale che ci si può aspettare
al Sud e con la speranza che fatta un po’ di esperienza le cose cambino.
Le cose
ovviamente non sono cambiate, le possibilità sono limitate e ci si ritrova a
fare le attività più svariate per poter sopravvivere senza avere alcuna
certezza.
Aprire
un’attività propria? Un sogno quantomeno irrealizzabile dato che il mercato è
in mano sempre alle stesse persone e il fondo iniziale per poter avviare uno
studio non è alla portata di tutti.
Alla fine si
va avanti fra contratti a tempo determinato, concorsi pubblici con milioni di
partecipanti e il desiderio di riuscire fino alla fine a fare quello per cui si
è studiato per tanti anni.
Disillusi ma
combattivi…
Linda
A diciotto anni e con una maturità scientifica appena
guadagnata, ho deciso di lasciare l' Italia per mettere in pratica i frutti di
una passione che gradualmente, dall'età di quattro anni, si è fatta sempre più
insistente e che da semplice "dopo scuola" pomeridiano, è diventata
una vera e propria professione a tempo pieno. Volevo fare la ballerina e così è
stato. Anni di studio, sacrifici, rinunce e porte che si chiudevano invece di
aprirsi. La prima porta in faccia è stata sicuramente la realizzazione del
fatto che se volevo sperare di trovare un lavoro come ballerina in teatro,
dovevo lasciare l'Italia e perciò famiglia e amici. Arrivata a destinazione, la
prima difficoltà è sicuramente la lingua. Anche avendo un' adeguata
preparazione, sei sempre uno straniero e devi dare il 150% e dimostrare il 200%
per guadagnarti la fiducia, la stima degli altri e, importantissimo, crearti
nuove amicizie. Le possibilità di trovare lavoro come danzatrice in Europa sono
tante, soprattutto in Germania e Inghilterra, ma altrettante sono le persone
che cercano di diventare ballerine. La competizione e la competenza fanno anche
parte delle difficoltà che ho riscontrato in questi anni: ogni volta che mi
trovavo a partecipare ad audizioni o colloqui di lavoro, sapevo che avrei
dovuto far fronte ad un sempre maggiore numero di partecipanti, probabilmente
sempre più preparati e, come diciamo noi ballerini, versatili dal punto di
vista di preparazione atletica e conoscenza di stili e discipline coreutiche.
Per finire un ultimo elemento, la maturità. Sempre più mi trovo a leggere
offerte di lavoro che richiedono anni di esperienza nel settore e vari
riconoscimenti. Onestamente adesso, a 27 anni, con 7 anni di lavoro in
compagnia ed un Master in ricerca, credo di avere un minimo di esperienza e
confidenza tale da poter pensare che si potrebbe puntare più in alto, ed
infatti comincio a vederne i risultati. La mia domanda conclusiva però è questa:
è possibile che si debba arrivare alle soglie dei trent'anni per poter
conquistarsi una stima e fiducia tale da poter puntare ad un lavoro più
remunerativo e "responsabile"?
Sara
Mi chiamo
Sara, sono laureata da 8 anni in lingua e letteratura araba e da 5 lavoro
all'estero.
Ho scelto di
partire per fare un'esperienza di lavoro e di vita, e sono rimasta felicemente
stupita dalla facilità e dalla rapidità con cui ho trovato lavoro nel medio
oriente.
La mia
esperienza nel complesso è stata finora positiva, ho avuto modo di viaggiare e
confrontarmi con altre realtà, altri paesi dove il sistema del lavoro è più
moderno e veloce.
Grazie ad
una congiuntura economica e di sviluppo unico, nel settore dell'ingegneria e
costruzioni, qui ci sono molte offerte di impiego.
Parecchie di
queste offerte son serie e dignitose, escludendo i pressapochisti e persone
senza scrupoli con antiche mentalitá ottusamente colonialiste.
In termini
di remunerazioni, devo dire che effettivamente lo stipendio è legato alle
capacità ed esperienze. Qui il cv vien valutato attentamente, senza
raccomandazioni, o concorsi dai modi o tempi secolari, e sempre sulla base di
incontri ed interviste. Il lavoro e la propria dedizione unitamente alla voglia
di fare reale sono ancora considerati le vere forze trainanti e la base di
giudizio per le società.
Certamente
mi manca l'Italia anche di piu' nei momenti in cui con amarezza leggo le
notizie di casa.
Vengono in
mente paragoni, diretti e non, con il nostro sistema, antiquato per molti
aspetti, sia universitario che lavorativo, e con amarezza son costretta ad
osservare come quaggiu' chi ha davvero poco in termini di cultura possa
capitalizzare e far render bene il tutto.
Un sistema
politico certamente discutibile, ma non lo è anche il nostro?, unito ad un
reale supporto del mondo studentesco e dell'imprenditoria ha reso facili cose
incredibili in termini di sviluppo e crescita.
Semplici
persone che avevano, ed hanno, deserto e cammelli, anche soli 10 anni fa, oggi
sono imprenditori affermati, mentre noi che abbiamo costruito la storia,
l'architettura, il design, la gastronomia, la moda, et cetera ci stiamo
ritirando dalla lotta per la riconquista dei nostri diritti, umiliati alle
volte dalla nostra stessa nazione, di fatto ridotta ad un clichè turistico
citato spesso solo per le boutades dei nostri vergognosi politici o per le
gesta di qualche calciatore.
Non mi
sembra giusto e comunque il desiderio di poter tornare e contribuire col meglio
delle
esperienze
imparate fuori rimane sempre vivo in me.
Francesca
32 anni,
medico dal 2008, con formazione specifica in medicina generale all’ultimo anno
della scuola di specializzazione in psicoterapia.
Dopo 10 anni
di Tirocinio pre e post-laurea e dopo un’intensa ricerca di opportunità di
lavoro le uniche cose disponibili provenivano da cliniche private che offrivano
posizioni a € 10.00 lorde per ora con partita I.V.A. con pagamenti a 90 giorni
per 12 turni di guardia notturni o feriali o sostituzioni per medici di
medicina generale o pediatri di libera scelta prevalentemente nel periodo
estivo o natalizio.
Quindi un
chiaro esempio di precariato. Ed Inoltre costretta comunque per il ruolo che
ricopro a pagare E.N.P.A.M., Ordine e assicurazione.
Ora in
graduatoria per medicina generale, medicina dei servizi, continuità
assistenziale ed emergenza tradizionale con una prospettiva di ricoprire uno di
questi ruoli ottimisticamente in 10 anni.
Una
domanda che ci si pone specialmente in questa fascia d'età è la seguente: si
vuol far crescere le future generazioni in questo clima?
Io dico di
No! E vorrei diventare un piccolo ma efficace tassello nel miglioramento di questa
situazione.
Vi prego
di sentitevi liberi di aggiungere le vostre esperienze e considerazioni!!!